RECOMPOSED BY MAX RICHTER
VIVALDI
THE FOUR SEASONS
Un giradischi acceso, una puntina che stride, freme e non aspetta altro di essere appoggiata sul solco di uno dei vinili piu’ grandiosi della storia musicale barocca: le quattro stagioni di Antonio Vivaldi.
Questa e’ l’immagine che mi era rimasta impressa dall’ultima volta che avevo ascoltavo la composizione del celebre maestro. Era un disco che spesso risuonava nella casa in cui sono cresciuto. L’ascolto era l’occasione per creare immagini. Sembrava di camminare tra prati e mari, fra sole, vento e temporali.
La ricomposizione curata da Richter, fin dall’introduzione “spring 0”, catapulta l’ascoltatore nei tempi odierni o, meglio ancora, negli anni che verranno.
Max Richter, compositore contemporaneo inglese, figlio del postmodernismo, visionario e con una spiccata sensibilita’ e capacita’ per la realizzazione di soundtracks cinematografiche di successo, vantando collaborazioni con prestigiosi compositori all’avanguardia tra cui Brian Eno, denominato l’inventore della Ambient music e Steve Reicht. L’artista intraprende la ricomposizione ambiziosa dell’opera di Vivaldi unendo, alle originali partiture del 17’esimo secolo finemente scelte, strumenti e concezioni sonore attuali che caratterizzano e rendono unico il suo lavoro.
In questo disco, registrato nel Marzo 2012, si possono ascoltare dei dettagli inusuali per la musica del ‘700 come le sezioni degli archi campionate e concepite come loops, clavinet rimici come nel pop degli anni ’70, ritmiche sintetizzate, filtrate e ripetute che diventano veri e propri soggetti sonori proposti esattamente come oggi si usa fare nella musica elettroniche o meglio nei brani piu’ sperimentali del post-rock.
Richter ci fa correre e saltare in poche battute dai ricchi salotti del 17esimo ai locali underground london-berlinesi del 21esimo secolo, specie quando si sente emergere dai tappeti concretamente astratti di suoni ripetuti, le parti originali del Violino suonato da Daniel Hope, il cui strumento nacque nel 1742 dalle mani del liutaio Giuseppe Guarneri del Gesu’ e che con il suo timbro ottimamente registrato ad oggi, storicamente ci spiazza nel ricollegarci ad un’ epoca ben precisa.
Personalmente sento raccogliersi in questo particolare momento sonoro e timbrico il succo del lavoro di Max Richter che non porta a pensare ad una ricomposizione totale dell’opera o ad uno stravolgimento ma piu’ ad una collaborazione virtuale tra due compositori vissuti in tempi diversamente lontani che ad oggi sembrano passeggiare e chiacchierare mano per mano negli scenari di un vecchio film rigorosamente conservato.
Matteo Breschi